VECCHIO FRASSINO
Caro Vecchio Frassino, venerdì scorso passando per caso “in
cima alla Pontara”, con mia grande sorpresa non ti ho più trovato. Al tuo
posto, un plateatico di colore giallo
con funzioni molto diverse dalle tue.
Mi è stato detto che eri molto ammalato: saresti stato
sconfitto da una malattia che ti aveva colpito all’interno.
Facendo delle ricerche ho scoperto che avevi oltrepassato la
soglia dei 100 anni, eri stato
spettatore di due Guerre Mondiali e sopravvissuto alla tempesta Vaia.
Negli ultimi mesi ti sarai chiesto perché le strade attorno a te fossero
diventate deserte.
Tutti gli abitanti del nostro paese, dai più piccoli ai più
anziani, ti hanno sempre guardato come una presenza fissa, proprio come guardano
le loro montagne. Ma il tuo destino era segnato e noi non lo sapevamo.
Per te che hai accompagnato le nostre piccole vite avrei
organizzato volentieri una cerimonia di
commiato, se proprio non era possibile tenerti e festeggiarti in vita con la
stessa riverenza che riserviamo ai nostri nonni centenari.
Ora forse ti troverai con
il nostro Abete di Natale a cui, per diverso destino, furono riservati o
onori che l'hanno reso famoso al mondo.
In fondo, anche le vicende che riguardano gli alberi non
sono poi così diverse da quelle degli uomini.
Che tristezza! Ci hai visto, gioire, piangere, nascere e
morire sempre in silenzio, senza mai fare un commento fuori luogo. E anche
oggi, forse, se potessi dirci un’ultima cosa, ci diresti che lo spettacolo deve
continuare.
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