"I Volontari di Save the Children Italia, (Michele, io, Fulvia, Paola e Gabriella) davanti all'entrata dello Spazio a Misura di Bambino" |
Ho visto famiglie in cammino che potevano essere la mia,
bambini che potevano essere quelli dei miei amici, giovani che potevano essere
i miei migliori amici. Ho visto donne incinte viaggiare sole, persone disabili,
persone anziane che potevano essere i miei nonni.
Li ho visti completamente fradici, spaventati ma sollevati
per essere finalmente arrivati sull’isola, seppur consapevoli di aver pagato
qualcuno che non parlava la loro lingua, che li ha trattati solo come numeri. E
questo solo per attraversare pochi kilometri di mare, mettendo a rischio la propria
vita, pregando durante tutto il viaggio di riuscire a raggiungere la costa.
Li ho visti stanchi, aspettare in file enormi, talvolta senza
neppure capire perché erano in coda. Ho visto una grande mancanza di
comunicazione nei campi.
La gente non sa dove andare o cosa fare, o quanto tempo dovrà aspettare per essere registrati o se sarà in grado di proseguire il viaggio.
La gente non sa dove andare o cosa fare, o quanto tempo dovrà aspettare per essere registrati o se sarà in grado di proseguire il viaggio.
Fuori dai campi c’è chi dà una mano e chi invece specula cercando di
vendere di tutto ai rifugiati, dalle sim card per i cellulari ai sacchi a pelo.
La gente è confusa, ma prosegue comunque.
Ho visto famiglie intere dormire per strada, famiglie che
magari avevano una casa come la mia e come la vostra. Ho guardato le loro facce
ancora speranzose, a volte arrabbiate, a volte tristi. Molti di loro si
chiedevano perché dovevano supplicare per una porzione in più di cibo per i
figli che dormivano in tenda mentre loro facevano la coda.
Ho visto bambini disegnare mari e barconi, carri armati,
bombe e sangue. E voi cosa disegnavate da piccoli?
Ma ho anche visto bambini disegnare case e famiglie felici,
farfalle, fiori, chiedendomi un righello per poter disegnare con perfezione la
loro futura casa.
Li ho visti sorridere e saltare in giro salutando con un “ciao” pieno di gioia, dopo pochi giorni al campo, perché erano riusciti a registrarsi e potevano quindi finalmente continuare il loro viaggio. Chissà dove sono ora, chissà se sono riusciti a raggiungere un posto sicuro di cui ogni bambino a diritto.
Li ho visti sorridere e saltare in giro salutando con un “ciao” pieno di gioia, dopo pochi giorni al campo, perché erano riusciti a registrarsi e potevano quindi finalmente continuare il loro viaggio. Chissà dove sono ora, chissà se sono riusciti a raggiungere un posto sicuro di cui ogni bambino a diritto.
Ho visto bambini urlare i loro nomi, ballare e ridere con
noi. Li ho visti prenderci in giro perché non riuscivamo a pronunciare
correttamente il loro nome e persino ridere del nostro nome per loro buffo. Li
ho visti chiedere di fare e rifare più volte un gioco che a loro piaceva.
Ho potuto capire veramente il significato della parola
“resilienza”.
La resilienza dei bambini ha il potere incredibile di dare
speranza. Essa influenza positivamente lo stato d’animo dei genitori e anche
quello degli altri nel campo.
Sono stata sorpresa quando ho visto come una semplice canzone cantata da un gruppo di bambini in mezzo ad un campo profughi possa far nascere la speranza anche nei più disperati. Lo si vede dal loro sorriso, debole ma sincero.
Sono stata sorpresa quando ho visto come una semplice canzone cantata da un gruppo di bambini in mezzo ad un campo profughi possa far nascere la speranza anche nei più disperati. Lo si vede dal loro sorriso, debole ma sincero.
Riuscite a immaginare centinaia di bambini che giocano e
cantano in un campo profughi caotico, lurido e puzzolente? Io sì. Questa è la
più grande vittoria li dentro. E’ il momento in cui capisci che ce l’hai fatta.
Infine, anche in queste condizioni disumane ho visto la
voglia di condividere. Grandi e piccoli mi hanno offerto biscotti ed io ho
dovuto accettare. Ho incontrato donne che mi hanno “tenuto la porta” di bagni
sudici. Ho visto donne che si truccavano e mi chiedevano se andava bene. Ho visto
madri pettinare le figlie e lavare panni con acqua gelata. Ho visto genitori
disegnare con i figli e mettersi una buffa corona di carta in testa per farli
ridere.
Ho visto la loro umanità e la loro dignità. Sempre. Dobbiamo ricordarci sempre di essere rispettosi e di fare attenzione a giudicare. Potevamo essere noi.
Ho visto la loro umanità e la loro dignità. Sempre. Dobbiamo ricordarci sempre di essere rispettosi e di fare attenzione a giudicare. Potevamo essere noi.
Anna Toldo
Anna è di Valdastico, è la figlia di Franca e Loris Toldo.
"Ho conosciuto Anna in Biblioteca, era un periodo che era a
casa, lei si è offerta di venire a dare una mano (vi assicuro che è una cosa
più unica che rara tra i nostri giovani).
Anna è giovane, è dell’ottantotto mi sembra, i giovani svegli
di adesso; Nel giro di dieci minuti aveva già capito sul computer quello che io
ci ho impiegato una settimana.
Si capiva subito che gli orizzonti stretti della nostra
Valle erano poco adatti a lei, faceva telefonate in un inglese corretto, e spediva
varie mail per ricercare lavoro, possibilmente all’estero. Sicuramente una
ragazza con alcune marce in più della media di giovani che vedo frequentare la
nostra biblioteca. La caratteristica sua era che Il lavoro che cercava era
sempre sul sociale, il guadagno passava in secondo piano e sembrava non
interessargli.
In sostanza ha trovato in fretta, dopo una settimana con l’organizzazione
“Save the Children”, nel loro spazio di Milano in Expo. Finito Expo sempre con
Save the Children è partita per Lesvos a lavorare con i bambini dei rifugiati.
Finito con Lesvos in questi giorni, è tornata per poche ore in valle per un
saluto ai genitori.
Oggi è partita con un’organizzazione Americana per Idomeni
paese Greco vicino al confine con la Macedonia sempre per accogliere i
rifugiati".
Grazie Anna per avermi messo a disposizione il racconto e le foto della tua esperienza nell'Isola di Lesvos con i rifugiati.
- Ringrazio la Manuela per la traduzione.
- Tutte le foto sono state scattate all'interno dei campi profughi di moria e Kara Tepe, a Lesbo.
- Tutte le foto sono state scattate all'interno dei campi profughi di moria e Kara Tepe, a Lesbo.
LESVOS: What I Have Seen
I have seen families on the move that could me
mine, kids that could be my friends’ kids, youngers that could be my closest
friends. I have seen pregnant women travelling alone, people with disabilities,
old ladies and men that could be my grandmas and grandpas.
I have seen them completely wet, scared but
relieved that they have made it, even if aware of having paid someone who
doesn’t speak their language, someone who treated them like numbers, just to
cross few kilometers of sea, risking their lives, praying all the journey to
reach the shore.
I have seen them tired, waiting in huge lines,
sometimes without being clearly aware of what they were queuing for. I have
seen an extreme lack of communication in the camps. People don’t know where to
go, or what to do, or how long it will take to be registered and be able to
carry on the journey. Outside the camps some people help, some other speculate,
trying to sell them everything, sim cards, sleeping bags, whatever. People are
confused, but they carry on.
I have seen them sleeping in the street with
their children. I have seen their faces, still hopeful, sometimes angry,
sometimes sad. I could see them wondering why they have to beg for an extra
portion of food for their children sleeping in the tent while they are queuing.
And that’s so unfair.
I have seen children drawing seas and boats,
tanks, bombs and blood. What did you draw when you were a child?
But I have also seen children drawing houses
and happy families, butterflies, flowers, asking me if we have rulers to
perfectly draw their future houses. I have seen them smiling and jumping around
saying “Goodbye” after few days in the camp, because they managed to register
and they can finally continue they journey. Who knows what will happen to them.
I have seen kids screaming their names, dancing
and laughing with us. I have seen them joking about the fact we couldn’t
pronounce well their names and even laughing about my weird name. I have seen
them asking to repeat a game they liked again and again.
I could truly understand the word resilience.
Kids’ resilience has the incredible power to give
hope. It positively affect parents’ mood and even the one of the other people
in the camp. I was surprise when I saw how a simple song can raise the hope
even for the most desperate ones. You can see it from their weak but true smiles.
Can you imagine hundreds of children playing
and singing songs in the middle of a chaotic, disgusting and smelling refugee
camp? I do. And that’s the epic win. That’s when you realize you succeeded.
Last but not least, I have seen their willing
of sharing even in this inhumane condition. I have been offered cookies from
people and children in the camp. And I had to accept. I met women who hold for
me the “door” of the disgusting toilets. I have seen women putting make up and
asked me if it was ok. I have seen mothers combing the hair of their daughters,
washing clothes with frozen water. I have seen parents drawing with their kids
and putting a paper crown in their heads to make children smile.
I have seen their humanity and their dignity.
Always. We all have to remember to be respectful. And sometimes, we just have
to take a step behind and don’t judge.
Anna Toldo
Anna Toldo
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